La gestione della Disfagia: il cibo
In molti casi, sulla base della valutazione clinica, è già possibile fornire le indicazioni sulle misure idonee a contenere il rischio di aspirazione di bolo nelle vie aeree e scongiurare la disidratazione e la malnutrizione.
Queste misure riguardano anche la selezione delle più adeguate caratteristiche dei cibi.
■ Le caratteristiche del cibo
La scelta degli alimenti, dipendente dal tipo e dal grado di disfagia, deve essere guidata principalmente dai seguenti criteri:
- sicurezza del paziente, limitando il rischio di aspirazione (passaggio di cibo nelle vie aree) attraverso la scelta di alimenti con idonee proprietà fisiche (densità, omogeneità, viscosità).
- fabbisogno alimentare del paziente, con riferimento all’apporto calorico e di liquidi, alle eventuali esigenze dietetiche e alle sue preferenze alimentari.
Le indicazioni dietetiche, che devono esser fornite da personale sanitario esperto nella gestione della disfagia, in relazione alle esigenze individuali del paziente, nascono da un’attenta considerazione di una serie di variabili:
- la classificazione dei cibi in relazione alla loro consistenza;
- le principali caratteristiche dei cibi
- come modificare la consistenza dei cibi
- alimenti da evitare
■ La consistenza dei cibi
I cibi si dividono in:
● Liquidi
Comprendono le bevande: acqua, tè, camomilla, latte, caffè, ecc. Esistono anche i cosiddetti liquidi con scorie (così chiamati perché contengono piccole particelle di consistenza maggiore), tra i quali troviamo succhi di frutta, yogurt “da bere”, sciroppi, brodi vegetali. I liquidi generalmente sono i più difficili da deglutire in quanto “sfuggono” distribuendosi nel cavo orale e per questo risultano difficilmente gestibili.
● Semiliquidi
A questa categoria appartengono: gelati, creme, passati di verdure, frullati e omogeneizzati di frutta. Per questi alimenti è sufficiente una modesta preparazione orale in quanto non necessitano di masticazione.
● Semisolidi
Comprendono passati e frullati densi, omogeneizzati di carne e pesce, purè, uova strapazzate, formaggi morbidi e cremosi, budini. Tali alimenti necessitano di una preparazione orale leggermente più impegnativa della categoria precedente, ma non di masticazione.
● Solidi
Sono alimenti quali pasta ben cotta, uova sode, pesce (attentamente pulito dalle lische), verdure cotte non filacciose, frutta, pane, biscotti, ecc., che necessitano di un’accurata, attenta e prolungata preparazione orale, accompagnata poi da una masticazione efficace.
Precisando che ogni soggetto, anche in base al tipo di danno subito, si comporta in maniera diversa e che quindi non esistono proposte di terapia uguali per tutti, si può dire che le consistenze più utilizzate per i pazienti disfagici sono quelle semisolida e semiliquida. Queste consistenze consentono di ottenere una giusta scorrevolezza ed eliminano, non utilizzando cibo solido, sia il lavoro di masticazione e soprattutto il rischio di soffocamento causato dall’ingestione di porzioni voluminose di cibo.
L’alimento più difficile da gestire, e di conseguenza il meno utilizzato, è quello liquido, mentre i cibi solidi, se riescono a diventare un traguardo raggiungibile, devono essere comunque morbidi, omogenei (cioè composti da particelle della stessa consistenza) e compatti (non devono cioè frammentarsi o sbriciolarsi come crakers, grissini, ecc).
■ Altre caratteristiche da considerare
Per tutte le consistenze dei cibi è utile considerare anche altre caratteristiche ovvero:
● Coesione, il cibo deve essere compatto, non sbriciolarsi in bocca, in modo da garantire la compattezza del bolo (l’impasto di cibo masticato e imbevuto di saliva, che si forma in bocca prima della deglutizione) durante il transito attraverso la faringe e l’esofago.
● Omogeneità, il cibo deve essere costituito da particelle della stessa consistenza e dimensione;
● Scivolosità, il bolo deve creare il minor attrito possibile sulle pareti del canale alimentare;
● Volume, questo parametro è da definirsi per ogni singolo paziente ma, generalmente, le piccole quantità facilitano il controllo del bolo in bocca e riducono il tempo di passaggio del bolo. In ogni caso, basterà seguire attentamente le indicazioni del personale sanitario esperto nella gestione della disfagia.
● Colore, cibi con colori vivi possono stimolare l’appetito.
● Temperatura, Sarà indispensabile evitare che i cibi abbiano una temperatura vicina a quella corporea (36 – 37 °C). Sono da preferire quindi temperature più alte o più basse; queste ultime tra l’altro aumentano la forza e la velocità della deglutizione.
● Sapore, È utile offrire cibi di sapore forte e definito, come il dolce, l’aspro, ecc. per stimolare maggiormente la sensibilità orale del paziente, ma sempre nel rispetto delle sue preferenze alimentari e in funzione di una costante motivazione dello stesso.
● Appetibilità, L’aspetto degli alimenti deve essere invitante, soprattutto quando il paziente è ormai in grado di alimentarsi da solo: deve esserne curata la presentazione e le diverse portate devono essere mantenute separate fra di loro, anche in caso di assunzione di piccole quantità.
■ Come modificare la consistenza
Modificare la consistenza dei cibi nasce dalla necessità di consentire al paziente disfagico, che riesce ad alimentarsi per bocca con una dieta a consistenza semisolida e semiliquida, di “mangiare” tutti quegli alimenti che altrimenti sarebbero proibiti. L’esempio più comune è rappresentato dai liquidi.
Per farlo si può utilizzare:
● Addensanti, Sono rappresentati da gelatine a freddo in polvere, acqua gelificata e il più comune addensante, una farina istantanea che, miscelata con il liquido, permette a quest’ultimo di raggiungere una consistenza semisolida o semiliquida a seconda delle proporzioni usate tra le due sostanze. Tra gli addensanti naturali si possono ricordare invece la fecola di patate, l’amido di mais e la farina di riso.
● Diluenti, A questa categoria appartengono, tra l’altro, il brodo vegetale o di carne, a seconda delle esigenze nutrizionali, e il latte. Queste sostanze aggiunte all’alimento che risulta troppo “solido” e duro, fanno sì che quest’ultimo raggiunga una consistenza facilmente deglutibile per il paziente.
● Lubrificanti, I principali sono il burro, l’olio di oliva, la maionese, la panna, e la besciamella. L’impiego di queste sostanze deve tuttavia tener conto, nel lungo periodo, dell’equilibrio nutrizionale del paziente.
■ Alimenti da evitare
Come già detto, la scelta degli alimenti da utilizzare e le loro caratteristiche devono essere personalizzate per ogni paziente.
È compito del personale sanitario esperto nella gestione della disfagia, indicare le proprietà fisiche dei cibi permessi, secondo i criteri di sicurezza e di preferenza del paziente.
In linea generale, tuttavia, si riportano di seguito i principali alimenti da evitare in quanto particolarmente pericolosi per il rischio di polmonite da ingestione.
- Alimenti a doppia consistenza ad esempio la zuppa di latte, la pastina in brodo, il minestrone con verdure a pezzi. Questi hanno una consistenza disomogenea e nella cavità orale si scindono con facilità, sfuggendo facilmente al già alterato controllo.
- Alimenti filanti, formaggi cotti, mozzarella, gomme da masticare.
- Alimenti solidi di difficile gestione in bocca caramelle, confetti (di qualsiasi formato e consistenza), riso, fette biscottate, legumi interi (piselli, fagioli, fave, lenticchie), carne filacciosa o asciutta.
- Alcolici
- Pane
- Crackers e grissini
- Frutta secca
- Frutta fresca (mirtilli, ribes, melagrane, more, lamponi)
- Gelati con pezzi di nocciole, scaglie di cioccolato, canditi.
Fonti
Istituto Superiore di sanità, “Il paziente disfagico: manuale per familiari e caregiver”, 2008
In corsivo le aggiunte della redazione.
